L’articoletto di oggi mi è stato nuovamente ispirato da una traduzione sentita in un telefilm. Vedo raramente programmi alla tv e quindi doppiati, preferisco guardarli in lingua originale se non ho di meglio da fare.
È un ottimo allenamento e mi impedisce di “incavolarmi” quando sento le solite imprecisioni legate appunto al doppiaggio e alle regole a cui evidentemente è sottoposto, come scrissi tempo fa, perché certe soluzioni linguistiche non si possono spiegare altrimenti.
Inutile dire che stavo guardando un giallo e il termine in questione è medico, l’inglese “consumption“.
Etimologia, definizione, significato
Il mio splendido dizionario medico mi dice che consumption deriva dal latino consumptio e dal verbo consuměre. il cui significato è per noi immediato.
La definizione recita:
1) Using up, depletion 2) tuberculosis.
Il Cambridge online dice “an old word for tuberculosis of the lungs“.
Abbiamo dunque capito che il termine viene utilizzato per indicare la tubercolosi, di cui trovate informazioni esaurienti in questo link, se volete approfondire la parte medica.
In questo telefilm, il doppiatore parlava di “consunzione”.
La consunzione
Consultando invece il dizionario medico italiano, alla voce consunzione leggo:
“perdita delle forze e decadimento corporeo … fra le malattie consuntive vanno menzionate soprattutto la TBC e i tumori maligni”
(Giuro che è il dizionario a scrivere “tumori maligni” e non neoplasie o altro!).
Il termine esiste dunque e indica proprio questa condizione di logoramento progressivo della persona, non una malattia specifica.
È però una caratteristica tipica della TBC che “sembrava consumare le persone da dentro”, soprattutto per la perdita di peso.
Nel secolo scorso era sicuramente una parola evocativa per le conoscenze dell’epoca.

Tubercolosi o consunzione: quale scegliere dunque?
Abbiamo visto come il termine consunzione sia assolutamente corretto, insieme a “mal sottile” e “tisi” (dal greco ϕθίσις, in greco antico consunzione appunto) era molto usato per indicare la TBC.
Ho scritto volutamente “era”, perché queste espressioni sono in qualche modo desuete; l’evoluzione della medicina fa sì che ormai il termine tubercolosi sia quello d’uso corrente.
La scelta del traducente dipende quindi – come sempre – da chi è il fruitore del nostro testo: se sono in contesto moderno, devo utilizzare la lingua contemporanea, a mio avviso il telespettatore capisce subito di cosa parlo se dico tubercolosi piuttosto che consunzione.
Ciò che conta qui non è l’aspetto medico, quanto comunicare all’utente la presenza di una malattia grave, di cui può non sapere i sintomi, ma sicuramente conosce il nome moderno.
Conclusioni
O tempora, o mores, direbbe Cicerone.
Tradurre bene significa quindi non solo capire correttamente e usare le parole che esprimono il significato della lingua originale, ma anche sceglierle in base ai destinatari del nostro lavoro e alla lingua che parlano comunemente.
La prossima volta cercherò di guardarmi il telefilm in santa pace, promesso!